Tempio di Esculapio

Tempio di Esculapio

Se l'identificazione è esatta, trattasi del tempio citato da Polibio a proposito dell'assedio romano del 261 a.C. "i romani istallarono in questa zona una parte cospicua delle loro attrezzature militari a otto stadi dalla città verso il mare". Da Cicerone sappiamo che vi si trovava una statua, opera firmata da Mirone, rapita dai cartaginesi, restituita da Scipione l'Africano dopo la distruzione di Cartagine, e nuovamente fatta rubare da Verre.

La speciale natura del terreno sul quale l'edificio doveva essere costruito richiese l'impianto di una massiccia piattaforma, più lunga della superficie dell'elevato, e su questa fu eretto il crepi doma, dai margini pure massicci e con un vespaio interno a filari trasversali. Ogni cura fu posta nell'esecuzione di quest'opera, sia dal lato tecnico che dal punto di vista estetico, al quale ultimo si deve la convessità voluta di tutte le sue linee, che pone questo piccolo tempio accanto ed esempi assai insigni come il Partenone, il tempio di Segesta, è quello della Concordia. Sul basamento di tre gradini, si eleva il vero edificio: un tempio in antis di ordine dorico (m. 21,70 × 10,70), composto di pronao e cella e con falso opistodomo. Questo è indicato, nella parte posteriore, da un muro pieno di opera isodoma, con il quale si fondono due mezze colonne di tipo dorico poste tra robusti pilastri angolari che hanno aspetto e funzione di ante. Della trabeazione sono noti elementi parziali: il fregio, qualche testa leonina per doccia di gronda, un frammento d'angolo del "ghéison" frontale. Il tempio è stato datato da Pirro Marconi alla seconda metà del V sec.a.C.. Scavi assai recenti hanno permesso di individuare in un'ampia area attorno al tempio interessanti elementi del relativo santuario: un portico, cisterne, edifici a più vani, quasi certamente serviti quali sale ospizio per i malati che qui convenivano alla ricerca della guarigione presso il dio della medicina Asclepio cui il santuario era dedicato.

Valle dei Templi